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Discorso sugli Italiani: la nostra storia, le nostre domande, i nostri problemi

Ultimo Aggiornamento: 14/08/2007 18:47
02/08/2007 20:31
 
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Miss Minchia Power
Ciao Silvana, ieri non sono stata bene e non ce l'ho fatta a scrivere, ed oggi ho dovuto lavorare con le perline perchè domani devo consegnare tre anelli. Però ti leggo con ESTREMO interesse. E' così entusiasmante per me leggere tutte queste notizie. Bellissimi i castelli di cui hai postato le foto. Sto pensando di farmi un bel viaggetto in Puglia, ma non per andare al mare [SM=g8458].
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"I always hope for the best. Experience, unfortunately, has taught me to expect the worst."
Elim Garak DS9

Il mio album
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CASTELLO DI TRANI







Trani (BA), la cattedrale e il castello costruito da Federico di Svevia (foto di Toti Calò)


Fondato da Federico II di Svevia nel 1230, il castello di Trani fu terminato nel 1233, benché la conclusione delle opere di fortificazione, condotte da Filippo Cinardo conte di Conversano ed Acquaviva, e dal tranese Stefano di Romualdo Carabarese, risalgano al 1249.

Gli avvenimenti sono documentati da due iscrizioni in situ, la prima murata su uno degli accessi all’attuale cortile occidentale, la seconda sull’antica porta a mare comunicante con lo stesso cortile.


IAM NATI XRISTI DOMINI ANNIS MILLE DUECENTIS / CUM TRIGINTA TRIBUS FEDERICI CESARIS ANNO / IMPERII TRINO DENO IERUSALEMQUE OCTAVO REGNI / CUM MENSIS IVNII AC INDICCIO SEXTA FORET OPUS / HOC HINC SURGERE CEPIT.

(Nell’anno 1233, tredicesimo d’impero di Federico Cesare e ottavo del suo regno di Gerusalemme, nel mese di giugno e nella sesta indizione, allora quest’opera cominciò a sorgere)

CESARIS IMPERIO DIVINO MORE TONANTE / FIT CIRCA CASTRUM MUNITIO TALIS ET ANTE / HUIC OPERI FORMAM SERIEM TOTUMQUE NECESSE / PHILIPPI STUDIUM CINARDI PROTULIT ESSE / QUOQUE MAGIS FIERENT STUDIIS HAEC FAMA TRANENSIS / PREFUIT HIS STEPHANI ROMOALDI CARABARENSIS / ANNO INCARNATIONIS IESU XRISTI MCCXLIX INDIC. VI.
Per ordine supremo di Cesare viene fatta intorno e davanti al castello questa difesa la cui forma, configurazione e tutto quanto si rende necessario si deve all’ingegno di Filippo Cinardo e perché questi sforzi venissero fatti al meglio ad essi sovrintese la fama del tranese Stefano di Romualdo Carabarese)



II nostro castello ebbe pianta quadrangolare, vasto cortile centrale, quattro torri quadrate agli spigoli, rivestimento a bugne rilevate, merlatura piana; fu cinto da un antemurale - un muro fortificato, un tempo internamente percorribile e munito di freccere - che ne ribadisce ancora il perimetro, determinando tre cortili minori, e da un fossato comunicante col mare.

Due iscrizioni marmoree sovrastano gli antichi ingressi, aperti entrambi nel fronte occidentale, rispettivamente nella cortina del castello e nell'antemurale, datandone la costruzione, nel mese di giugno del 1233; la seconda afferma che, per ordine imperiale nel 1249, furono realizzati, il muro di cinta ed una fortificazione avanzata.


Ad una delle due torri sul mare, nel 1240, Federico II fece impiccare, a vista delle navi veneziane, ree di aver devastato le coste pugliesi, Pietro Tiepolo, podestà di Milano e figlio del Doge di Venezia, catturato durante la battaglia di Cortenuova.

La storia dice che in questo castello nel 1259 furono celebrate le nozze tra Manfredi e la giovanissima principessa Elena.
Sei anni dopo le nozze, alla morte avvenuta in battaglia di Manfredi, Elena tornò nel castello di Trani, nel quale però rimase prigioniera per 18 lunghi anni, fino alla rivolta del Vespro quando, nuovamente libera, potè rifugiarsi in Sicilia dove morì 5 anni più tardi.

La leggenda invece narra la storia di Armida una dama che, invaghitasi di un Cavaliere e scoperta dal marito, fu rinchiusa in una cella del castello dove rimase fino alla morte. Da allora il suo fantasma vaga per il Castello alla ricerca di questo suo amore perduto.



continua..........


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03/08/2007 07:28
 
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ORIA (Brindisi)

CASTELLO SVEVO






Veduta d'insieme: l'edificio fortificato occupa l'altura dellacropoli messapica e domina la città in fortissima posizione difensiva.



Castello di Oria. Pianta: la grandiosa e scenografica costruzione triangolare ingloba nell'angolo sud ovest la massiccia torre quadrata, ovvero il primitivo mastio svevo, presso il quale era in origine l'ingresso principale, protetto da un baluardo.
















Più che un castello, quello di Oria ha tutta l'aria di un recinto fortificato, che si adegua alla cima della collina su cui è situato assumendo una configurazione planimetrica triangolare.

Il nucleo più antico è individuabile nel massiccio torrione quadrangolare a sud-ovest, costruito in forma di donjon e probabilmente appartenente alla fase sveva della costruzione (databile tra 1227 e 1233), benché siano evidenti i segni di rimaneggiamento ed adattamento alle nuove tecniche difensive operati in epoca rinascimentale mediante l'inserimento di cannoniere e feritoie.


Altre torri si trovano sul lato meridionale (le torri cilindriche dette «del Salto» e «del Cavaliere») e alla punta settentrionale (la torre quadrata detta «dello Sperone»).


All'interno del recinto, ove si trova una vastissima piazza d'armi che poteva contenere fino a 5000 combattenti, gli unici ambienti coperti che si rilevano sono caserme, magazzini e l'alloggio per il feudatario che, insieme ad una serie di capienti cisterne, testimoniano la natura prettamente indirizzata alla difesa della costruzione, che in moltissimi casi dovette resistere ad ostinati assedi garantendo nel contempo la completa autonomia.

L'edificio occupa l'altura dell'acropoli messapica e domina la città in fortissima posizione difensiva: l'immagine migliore del castello è quella romantica tramandataci dagli storici, ai quali la sua forma ricordava quella di un vascello “nuotante nell'aria”, quasi a sottolineare l'imponenza scenografica dissimulata dalle sue mura e dalle sue torri.

continua.........

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03/08/2007 07:49
 
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GRAVINA prov. BARI


IL CASTELLO DI GRAVINA





I ruderi del castello visti da nord-ovest.


I resti del castello di Gravina, si trovano sul dorso di un colle a 450 metri sul livello del mare, a circa un chilometro dall’abitato, lungo la strada che porta a Spinazzola.


Il castello di Gravina, assieme alla domus di Foggia, ai castelli di Lucera e Castel del Monte, risulta essere una delle costruzioni federiciane erette ex-novo.

La sua struttura è a pianta rettangolare di dimensioni di circa 58 x 30 metri, circondato da un muro di cinta alto 3 metri. E’ impostato su due livelli: il piano superiore veniva utilizzato come residenza dell’imperatore e della corte era illuminato da grandi finestre, l'inferiore era destinato alle scuderie, ad alloggi per servitù e a depositi e presenta in alcuni punti oculi e strette finestrine.

Si afferma che una sala del castello fosse destinata ad ospitare i falconi dell'Imperatore.






Per la costruzione del palazzo si utilizzò il tipico tufo "mazzaro" del posto, le pietre furono usate solo per i basamenti, i pilastri e le scale.

Il corpo di fabbrica del maniero, si estendeva per tre lati del rettangolo ed aveva nel mezzo un ampio cortile rettangolare. Il palazzo era agibile già nel 1227, tanto che Federico II vi alloggiò per la prima volta quell'anno.

La domus di Gravina può considerarsi senza dubbio uno dei loca solaciorum, che Federico prediligeva e nei quali spesso risiedeva con la sua corte, inoltre, l'imperatore la destinò ad ospitare due volte l'anno, a Maggio e Novembre, le riunioni della Curia generale nel corso delle quali i giustizieri delle province rendevano conto del loro operato.


Purtroppo il grave stato d'abbandono protrattosi per secoli, insieme a una sistematica spoliazione di fregi architettonici e di elementi lapidei che decoravano l’edificio, ha provocato un progressivo degrado. Il castello subì gravi danni dal terremoto del 1456 e forse a partire da quella data restò parzialmente disabitato.

A partire dal 600 il castello fu abbandonato ad una lenta e progressiva decadenza tanto che fu utilizzato come cava da cui asportare materiale da costruzione; la distruzione quasi completa fu forse dovuta ad un violento nubifragio del 1687.




Interno del castello


Il castello appartenne agli Orsini fino al 1806 allorquando passò alla famiglia Pomarici Santomasi che lo donò alla città.

Solo di recente le attività di scavo e di restauro hanno ridato all’edificio parte del suo antico splendore, esso sarà inserito all'interno del Parco Archeologico di Gravina di prossima istituzione.


continua..........

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03/08/2007 08:12
 
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BASILICATA


MELFI prov. POTENZA

IL CASTELLO










La città di Melfi, adagiata su un colle vulcanico nella parte settentrionale del Vulture, fu la capitale dei Normanni del Sud prima che fosse scelta Palermo, e in seguito residenza frequentata spesso da Federico II che alla città associò, nel 1231, le Costituzioni redatte in collaborazione con Pier delle Vigne, il cosiddetto Liber Augustalis, il primo vero e proprio testo organico medievale di leggi scritte che disciplinavano tanto la materia civile quanto quella penale.

Amato di Montecassino la definì città “moult fort”, imprendibile baluardo per i nemici e “cité la plus superlative de toute la conté”, punto di convergenza di interessi politici, militari e strategici di enorme portata.

Ciò nonostante, si ha notizia certa dell’edificazione di una struttura fortificata attribuita ai Normanni soltanto nel XII secolo, benché l’attuale castello, nelle sue linee architettoniche, ci appaia subito come un edificio non unitario e disomogeneo.


A guardarlo dal lato settentrionale, la sua massa scura costituita dalla pietra vulcanica della zona emana un forte senso di inviolabilità, come pochi altri manieri: da un lato i bastioni a picco sulla forte pendenza che corre fino al torrente Melfia, dall’altro il borgo murato, la città dove vivevano coloni, artigiani e militari al servizio dei castellani.

Quasi un’immensa e possente città bastionata e turrita, frutto di secolari stratificazioni (che hanno trasformato il suo primitivo impianto normanno, a pianta rettangolare munita agli angoli di quattro torrioni quadrati, in un imponente sistema difensivo, composto da uno spalto, da un fossato su tre lati e da una cinta fortificata da dieci torri quadrangolari e poligonali), tra le quali vanno ricordati i restauri di Federico II di Svevia (che vi edificò la cosiddetta “torre dell’imperatore”), gli ampliamenti di Angioini e Aragonesi e le tante alterazioni successive.




Il castello visto dal versante sul torrente Melfia; in primo piano le quattro torri dette «dei cipressi», «segreteria», «ovest» e «dei sette venti», foto di Toti Calò.



Il castello visto dall'alto.


L’intervento federiciano sulle strutture normanne risale a prima della sesta crociata, intorno al 1221, e in ricordo dell’ampliamento e della ristrutturazione, la leggenda parla del cosiddetto “nido dell’aquila imperiale” situato sull’attuale torre occidentale.

Federico utilizzò il castello anche come tesoreria regia, come deposito delle riscossioni effettuate in Basilicata, nonché come prigione, visto che il saraceno Othman di Lucera vi fu incarcerato e dovette pagare 50 once d’oro per riacquistare la libertà.

Nel 1232 vi ospitò il marchese di Monferrato e sua nipote Bianca Lancia, la donna da cui ebbe il figlio Manfredi; nel 1241, vi trattenne come prigionieri di riguardo due cardinali e numerosi vescovi francesi e tedeschi che avrebbero dovuto partecipare ad un Concilio per appoggiare la decisione del Papa di deporlo; e proprio a Melfi si compì parte della storia degli eredi dell’imperatore nei pochi anni di sopravvivenza della dinastia.





Il perimetro delle mura, scandito da poderose torri, fu costruito dagli Angioini tra il 1277 e il 1281, sotto la direzione di Riccardo da Foggia, mentre all’architetto regio Pierre d’Angicourt furono affidate le varie opere di ampliamento dell’edificio preesistente.
Ed è proprio la facies protoangioina, insieme a quella dei primi del Cinquecento – con i relativi ambienti palaziali – a connotare il castello nella sua veste attuale.

Di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, alcune delle sue sale ospitano oggi il Museo Nazionale del Melfese, nel quale sono esposti numerosi reperti archeologici provenienti dalle zone limitrofe.
Vi è conservato, tra le altre cose, il celebre Sarcofago di Rapolla (dal nome della località dove fu rinvenuto nel 1856), una delle più importanti testimonianze di arte di scuola asiatica del II secolo d.C.: la cassa riproduce un tempietto, nelle cui nicchie ed archi sono raffigurati dèi ed eroi, sormontato dal coperchio su cui giace la figura della defunta.




continua....
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03/08/2007 10:09
 
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e adesso la Sicilia, la sua amatissima SICILIA

SIRACUSA


CASTELLO MANIACE








Nella punta estrema dell'isola di Ortigia, a difesa del porto naturale, il comandante bizantino Giorgio Maniace fece costruire nel 1038 un forte, che venne poi trasformato in castello da Federico II, nel 1239.

La fortificazione fediriciana, a pianta quadrata (m.51 per lato), con le sue quattro torri cilindriche agli angoli, riprendeva modelli di cultura araba e faceva parte di un sistema di castelli e torri distribuiti lungo le coste a difesa dell'isola.

Nella parte Ovest vi è il portale d'ingresso con un bell'arco ad ogiva, sormontato dallo stemma imperiale di Carlo V (secolo XVI°) raffigurante un'aquila bicefala (a due teste). Ai lati, poggiati su mensole, si trovavano due arieti bronzei (di scuola ellenistica) donati da Alfonso di Castiglia al generale Ventimiglia; uno di essi è oggi conservato al museo archeologico di Palermo, l'altro è andato perduto o distrutto nel 1848.


La struttura interna presenta un unico salone, un tempo diviso da un doppio ordine di colonne che formavano ben 25 volte a crociera. Questa sala, sicuramente, serviva come sede della temporanea reggia imperiale.

Tutto il castello è cinto da fortificazioni e per accedervi bisogna attraversare un ponte di pietra, fatto costruire da Carlo V nel XVI° secolo insieme alla cinta difensiva dell'isola, quando Siracusa venne trasformata in una roccaforte.


Attualmente il castello non è visitabile, in quanto zona militare. È però possibile richiedere un permesso alla Sovrintendenza.

I primi documenti sulla sua fondazione sono le lettere che Federico invia il 17 novembre 1239 da Lodi a suoi sottoposti collegati alla costruzione del Castello, nelle quali l'imperatore si compiace per la diligenza con la quale Riccardo da Lentini prepositus aedificiorum segue il castrum nostrum Syracusie e lo rassicura che la sua richiesta pro munitione castroum nostrorum Syracusie et Lentiní quam etiam pro Serracenis et servis nostris necessarium frumentum, ordeum, vinum, caseum, companagium, scarpas et indumenta è stata girata al tesoriere di Messina, il quale provvederà al più presto a fornirlo di tutto l'occorrente.



Si noti come l’imperatore usi i termini Serracenis e servis nostris, facendo riferimento agli operai presenti nel cantiere: i Saraceni, "tecnici specializzati" venivano regolarmente stipendiati, mentre i servi no.

Nel 1240, quando i castra exempta rientrano sotto la giurisdizione imperiale, il Castello di Siracusa è annoverato fra questi. Si conoscono i nomi di due castellani svevi di Siracusa: Riccardo Vetrani ed il fedelissimo Giovanni Piedilepre, al quale fa riferimento un diploma di Manfredi del 13 agosto l263.




Di tutti i castelli e le roccaforti fatti erigere in Sicilia da Federico II, il castello Maniace in Siracusa, è sicuramente il più rappresentativo.

Nella punta estrema della penisoletta di Ortigia, a difesa del porto naturale, il comandante bizantino Giorgio Maniace nel 1038, dopo aver liberata la città dalla dominazione araba fece costruire un forte, che venne poi trasformato in castello da Federico II, nel 1239. La fortificazione federiciana, a pianta quadrata (m.51 per lato), con le sue quattro torri cilindriche agli angoli, riprendeva modelli di cultura araba e faceva parte di un sistema di castelli e torri distribuiti lungo le coste a difesa dell'isola.

Nella parte Ovest vi è il portale d'ingresso con un bell'arco ad ogiva, sormontato dallo stemma imperiale di Carlo V (secolo XVI°) raffigurante un'aquila bicefala (a due teste). Ai lati, poggiati su mensole, si trovavano due arieti bronzei (di scuola ellenistica) donati da Alfonso di Castiglia al generale Ventimiglia; uno di essi è oggi conservato al museo archeologico di Palermo, l'altro è andato perduto o distrutto nel 1848.




Veduta aerea di Castel Maniace sull'estrema punta della penisola d'Ortigia.



continua..............
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03/08/2007 10:39
 
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SICILIA

CATANIA

CASTELLO URSINO




Catania Castel Ursino, veduta aerea

Costruito su progetto dell'architetto Riccardo da Lentini, all'origine sul mare, a sud del porto di Catania, a causa delle modificazioni morfologiche dovute alle eruzioni dell'Etna del 1699 e al terremoto del 1693 adesso dista da esso un centinaio di metri.

L'edificio ha un'impostazione rigorosamente geometrica, tipica dei castelli federiciani.

I lavori iniziarono tra il 1239-40 e durarono un decennio; la pianta, che si rifà ad esempi arabi dell'epoca omàyyade, è quadrata con quattro corpi di fabbrica regolari disposti intorno al cortile centrale.

Agli spigoli del castello sono poste quattro torri cilindriche; inoltre due semitorri mediane, sempre cilindriche, sono poste sulla mezzeria di due lati, mentre inizialmente le semitorri erano quattro. Le finestre erano piccole e strombate per non offrire varchi al nemico, sul lato settentrionale mancano del tutto perché era il più esposto agli assalti.

L'aspetto attuale del castello risale ai restauri effettuati negli anni trenta.









CASTELLO URSINO (primi del XX secolo)





CASTELLO URSINO


L'eruzione del 1669 in uno storico affresco di G.Platania, si può notare sulla sinistra il castello Ursino circondato dalla lava



Il Castello Ursino fu voluto da Federico II e sorse fra il 1239 ed il 1250.
L'imperatore aveva pensato il maniero all'interno di un più complesso sistema difensivo costiero della Sicilia orientale (fra gli altri anche il castello Maniace di Siracusa e quello di Augusta sono riconducibili allo stesso progetto) e come simbolo dell'autorità e del potere imperiale svevo in una città spesso ostile e ribelle a Federico.


Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all'architetto militare Riccardo da Lentini che lo realizzò su quello che allora era un imprendibile promontorio di roccia sul mare, collegata con un istmo alla città ed alle mura cittadine. Fu dotato anche di un imponente fossato e ponte levatoio.


......dopo Federico, il Castello e la Storia dei Vespri

All'interno del castello si vissero alcuni dei momenti più importanti della guerra del Vespro.

Nel 1295 vi si riunì il parlamento siciliano che dichiarò decaduto Giacomo II ed elesse Federico III a re di Sicilia.

Nel corso del 1296 il castello fu preso da Roberto d'Angiò e successimente espugnato nuovamente dagli aragonesi.
Nello stesso anno probabilmente vi nacque Luigi d'Angio figlio di Roberto e futuro re di Napoli.

Re Federico abitò a partire dal 1296 il maniero, facendone la corte aragonese e così fecero anche i successori Pietro, di Ludovico, Federico IV e Maria.
Inoltre la sala dei Parlamenti fu nel 1337 anche la camera ardente per la salma di re Federico III.
Nel 1347 all'interno del castello venne firmata la cd. pace di Catania fra aragonesi ed angioini.


Finiti i Vespri, il castello, dimora di Maria di Sicilia, fu teatro del rapimento della regina da parte di Guglielmo Raimondo Moncada nella notte del 23 gennaio 1392, per evitare il matrimonio con Gian Galeazzo Visconti.

Con l'avvento di Martino I di Sicilia il castello divenne nuovamente corte del regno.



continua.........
[Modificato da silvanapat 05/08/2007 21:58]
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03/08/2007 12:05
 
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CASTELVETRANO prov. TRAPANI


IL CASTELLO DI BELLUMVIDER





Il castello di Bellumvider assieme al castello di Bellumreparum (Campobello) e la torre di Burgimilluso (Menfi), sono realizzati dall’Imperatore a servizio della riserva di caccia di Birribaida e a controllo di un vasto territorio abitato da popolazioni musulmane.

Il castello di Bellumvider era di forma quadrilatera con quattro torri angolari e quattro mediane di forma ottagonale e costituisce l’anello di congiunzione tra il castello Ursino e il castello del Monte.




La scoperta del castello svevo a Castelvetrano, arricchisce il panorama degli studi dedicati all’architettura sveva nell’isola, suggerendo una rivisitazione delle conoscenze storiche riguardanti la Sicilia nel XIII secolo.


L’interesse di numerosi studiosi per il nuovo castello svevo ha permesso al Circolo della Legambiente “Crimiso” di organizzare a Castelvetrano con il patrocinio di diversi Enti e Istituzioni, la “prima giornata di studi federiciana”.


continua..........
[Modificato da silvanapat 03/08/2007 12:07]
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03/08/2007 13:56
 
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Simona, guarda cosa ho trovato in internet facendo le mie ricerche!

Lo riporto integramente per te, e naturalmente per tutti:



Ed in più recensioni, appunti, oltre alla cronaca della consegna dei premi Federichino avvenuta a cura della Fondazione Federico II di Palermo, nel prestigioso Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana.



La rivista quadrimestrale TABULAE è indispensabile

per approfondire la vita e l’opera di Federico II di Svevia.

Per riceverla gratuitamente ed ottenere altri interessanti vantaggi

è sufficiente iscriversi alla Fondazione Federico II di Jesi.

e-mail fond.federicoii@comune.jesi.ancona.it

tel. e fax 0731.208083

Fondazione Federico II Hohenstaufen di Jesi

via Cavour, 5 – 60035 - Jesi (AN)

FONDAZIONE FEDERICO II HOHENSTAUFEN JESI

Questo articolo è stato realizzato in collaborazione

tra il sito italiano di "FEDERICO II" e la "Fondazione Federico II di Jesi"




p.s. ti voglio avvertire che ho mandato subito una e-mail all'indirizzo..............MI E' TORNATA INDIETROOO!!!
Proverò a chiamarli.
[Modificato da silvanapat 03/08/2007 14:44]
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03/08/2007 14:52
 
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TAORMINA







Taormina (ME), la fortezza e il colle sul quale sorge



Taormina (ME), porzione meridionale del circuito murario

Attualmente sulla sommità della rocca (m. 397 s.l.m.), che sovrasta il paese, sorge un imponente castello, che la tradizione vuole di origine e manifattura mussulmana e che, invece, presenta un'origine avvolta nelle nebbie del mistero. La struttura occupa una posizione preminente, controllando, in direzione sud, la valle dell'Alcantara e la costa ionica meridionale.

In direzione nord la vista della sentinella spazia liberamente, ponendo sotto continuo controllo la costa ionica settentrionale almeno fino a capo Sant'Alessio.

Ad oriente si stende maestoso per svariate miglia lo Ionio, ad occidente il riferimento visivo si stabilisce con la fortezza della "Mola" e monte "Veneretta". Un angusto sentiero consente l'accesso alla fortificazione. Si giunge ad una porta, preceduta da un avancorpo scoperto e sorvegliato da camminamenti di ronda.


I resti delle cortine murarie esterne si innalzano per più di quattro metri. Al contrario i resti murari interni, a causa di rovinosi crolli, consistono per un'altezza di non più di un metro. Sempre all'interno sembra possibile riconoscere resti murari di un precedente impianto. Da cinque anni il comune di Taormina vieta l'accesso al castello, che, pare, sia in attesa di restauro.


In realtà, privo della minima manutenzione, rischia letteralmente di sgretolarsi giorno dopo giorno.


continua..............
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03/08/2007 15:17
 
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PALERMO

PALAZZO DEI NORMANNI







Il palazzo reale è posto nel luogo più elevato dell’antica città tra le depressioni dei fiumi Kemonia e Papireto.

Anche se alla costruzione vengono attribuite origini molto antiche risalenti alle dominazioni puniche, romane e bizantine, è all’epoca araba (IX secolo) che si deve attribuire l’edificazione del maestoso Qasr, "Palazzo" o "Castello", da cui ha preso il nome la via del Cassaro, l’odierno corso Vittorio Emanuele.


Tuttavia, furono i Normanni a trasformare questo luogo in un centro polifunzionale, simbolo del potere della monarchia.

Scrive Maria Teresa Montesanto in Palermo città d’arte (a cura di Cesare De Seta, Maria Antonietta Spadaro e Sergio Troisi): “Il palazzo era costituito da edifici turriformi collegati da portici e giardini che formavano un complesso unitario comprendente anche opifici tessili (il tiraz) e laboratori di oreficeria. Una via coperta lo collegava direttamente con la cattedrale.

Nello spiazzo antistante vi era anche la cosiddetta Aula verde, di epoca anteriore, un ambiente aperto e riccamente decorato dove il re accoglieva i suoi ospiti.
Nel 1132 venne costruita la Cappella Palatina che assunse una funzione baricentrica dei vari organismi in cui si articolava il palazzo.


Con gli Svevi di Re Federico II, che vi risiede solo nell'età giovanile, il palazzo rimane sede dell’attività amministrativa, della cancelleria e della scuola poetica siciliana.

Il ruolo periferico della città inizia con gli Angioini e gli Aragonesi che privilegiarono altre sedi.
La rinascita del palazzo si ha con i viceré spagnoli che, nella seconda metà del XVI secolo, scelsero di risiedervi adeguandolo alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza, ristrutturandolo notevolemte, creando bastioni e modificando il palazzo.

Durante i Borboni furono create le sale di rappresentanza (Sala Rossa, sala Gialla e Sala Verde) e fu ristrutturate Sala d'Ercole, con gli affreeschi raffiguranti le fatiche dell'eroe mitologico.

Un profondo restauro ha subito negli anni '60, sotto la cura di Rosario La Duca. Dal 1947 il Palazzo dei Normanni è sede dell’Assemblea Regionale Siciliana.



continua........
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TOSCANA


PRATO









Cenni storici.

Suscita molta curiosità il fatto che questo “Castello dell’Imperatore” sia stato eretto per volontà di Federico II in un luogo – Prato: feudo “ghibellino” dei conti longobardi Alberti a partire dal VII secolo d.C. – che è estraneo alla tradizione castellare dell’Hohenstaufen.

Come è noto infatti, l’imperatore svevo ha edificato i suoi castelli esclusivamente nel meridione, nelle “Puglie” soprattutto; e per questo motivo all’imponente costruzione pratese viene attribuita tuttora, un po’ banalmente per invero, l’esclusiva importanza di essere il castello di Federico più a nord d’Italia. E dell’Europa!


Perché dunque è banale ritenere che il castello di Prato sia importante unicamente perché Federico lo ha eretto più a Nord degli altri?

Altri motivi, disconosciuti e inenarrati, lo rendono unico ed interessante dal punto di vista storico, spiegandone la particolarità, anche se resta pur sempre, fondamentalmente, un fortilizio militare, un avamposto bellico, una base d’appoggio, privo perciò di quei caratteristici elementi estetici dell’architettura e della “visione” federiciana. Difficile presentare il castello collocato “a metà strada” fra Sicilia e Germania.


E' stato costruito fra il 1237 e il 1247 dall’architetto siciliano preferito dell’Hohenstaufen, Riccardo da Lentini. Questo “marchio di fabbrica” si riconosce nel portale per la medesima forma dell’ingresso di Castel del Monte: entrambi insistono nel medesimo pentagono cerchiato.

Quel decennio è il periodo della lotta accanita dell’imperatore per sottomettere al suo disegno universale i Comuni lombardo-padani: Vicenza, Mantova, Parma, Pavia, Milano, Faenza ecc.

Quindi la costruzione del castello di Prato costituiva anzitutto una tessera-chiave nel disegno politico di Federico in Italia: la sottomissione dell’Italia comunale e papale al potere imperiale “romano-germanico” sotto il suo nome.


Il castello dell'Imperatore oggi è osservabile, nell’attuale veste restaurata, da cinquant'anni scarsi, grazie soprattutto alla meritoria politica del Comune, il quale l’ha restituito veramente alla sua immagine e al suo aspetto originari. Meno si è fatto e si sta facendo per le meravigliose mura trecentesche che col castello fanno tutt’uno.

È vero, la città patisce un po’ della generale perdita della memoria storica, ma forse la più grave dimenticanza, se non proprio interessata disattenzione, consiste nel continuare ad ignorare l’utilità urbanistica e la potenzialità sociale di un "mezzo" che può diventare un "fine" utile.











continua.........
[Modificato da silvanapat 05/08/2007 22:06]
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03/08/2007 17:15
 
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curiosità

trovato in rete:

Un Fumetto dedicato

a Federico II

di Giulietta Saponi

(della redazione del Giornalino)


Nel numero 22 del Giornalino (esce in edicola il 1° giugno) l'inserto "Conoscere Insieme" è dedicato ai castelli di Federico II di Svevia: sei pagine redazionali e sedici pagine di fumetto (ultima puntata) dedicato alla vita di Federico, disegnato dal Maestro del fumetto Sergio Toppi e sceneggiato da Roberto Genovesi.



Nella parte redazionale si parlerà dei castelli Federico II che fu un grande costruttore di manieri, di cui molti di forma quadrata o rettangolare e anche ottogonale come Castel del monte.


Questo grande imperatore, condottiero, letterato e scienziato “rivoluzionario”, da giovane ebbe insegnanti cristiani, ebrei e musulmani e durante il suo regno incoraggiò gli studi di astronomia, medicina, musica.


Tra i suoi numerosi meriti ce n’è uno di grande attualità: con la sua abilità diplomatica risolse una Crociata senza spargimento di sangue, negoziando con il sultano Al-Malik, e dimostrò che si può ottenere un grande risultato strategico senza ricorrere alle armi.


E se ciò fu possibile nel XIII secolo, a maggior ragione dovrebbe essere possibile oggi.

La prima puntata del fumetto è uscita sul n.18 del Giornalino.

Il n. 19 ha dedicato 12 pagine redazionali a "Gli animali nella storia" e 12 al fumetto di Toppi.

Nel n. 20 - 14 pagine redazionali dedicate alla "Vita nel castello" e 8 pagine di fumetto su Federico.

Nel n. 21 - 14 pagine redazionali con "La città medioevale" e 8 pagine per la continuazione del fumetto.

Per gli appassionati di fumetto e di Federico II è possibile richiedere le copie arretrate al numero 0173/31.46.14.









FUMETTO




p.s. Trovo un modo intelligente per far studiare la storia ai più piccoli.

[Modificato da silvanapat 03/08/2007 17:16]
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Simona ho trovato questo in rete, l'hai letto?




Il mitico Federico II di Svevia

E' stata definita "la più bella biografia di Federico II".
E' una narrazione breve ma intensa, "emotional" come un romanzo, documentata come un saggio di storiografia.

Tale è il giudizio che ne dà, in prefazione e postfazione, Franco Cardini, il maggior storico medievista italiano.
Ne esce un ritratto a tutto tondo del personaggio, capace di affascinare con la sua personalità, la sua cultura, la sua forza che sfida i secoli.
pagg.160; 50 illustrazioni, € 15,00

reperibile in libreria o richiedendolo direttamente all'editore Adda, via Tanzi 59 Bari, tel. 080-5539502
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03/08/2007 21:04
 
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PUGLIA

il luogo in cui morì Federico II
FIORENTINO










La torre prima del restauro







La chiesa vista da nord











La città di Fiorentino, nota ai più per essere stato il luogo ove il 13 dicembre 1250 si è spento l'imperatore Federico II, in questi ultimi anni è stata al centro dell'attenzione di archeologi e storici.

I recenti scavi archeologici (1982-1992), condotti dall'Università di Bari e dall'Ecole Française di Roma, diretti dai francesi Françoise Piponnier e Patrice Beck e coordinati dalla professoressa Maria Stella Calò Mariani, hanno evidenziato elementi che fanno pensare a Fiorentino come una sede importante, una vera e propria cittadella con una cattedrale, una zona urbana e, nella parte ovest, il "Palatium" dell’Imperatore.




I resti dell'antico abitato di Fiorentino si trovano in agro di Torremaggiore (FG), a 9 km a sud di questa città, sull'estremo versante ovest di una collina detta dello Sterparone: uno sperone interfluviale delimitato a nord dal Canale della Bùfola (o Bufala o Bùffala) e a sud da un piccolo corso d'acqua detto il Canaletto.

Fiorentino vanta un'origine in comune con altre "città di frontiera" volute dai Bizantini: infatti, agli albori dell'XI secolo gli imperatori bizantini tentarono di consolidare i loro possedimenti in Italia meridionale continuamente minacciati dai Longobardi a nord e dai saraceni a sud.

Per attuare tale piano, i Catapani inviati da Bisanzio s'impegnano in un nuovo "incastellamento" della Daunia, al fine di spostare i malsicuri confini del Thema di Longobardia (suddivisione amministrativa dell'epoca), segnati dal fiume Ofanto, verso quelli meglio difendibili delimitati dal corso del Fortore.

Nascono così, tra il 1018 ed il 1040, grazie alla febbrile attività edificatoria dei Catapani Basilio Bojohannes e dell’omonimo suo figlio, numerose città-piazzeforti con il compito di munire la nuova frontiera di efficaci baluardi contro incursioni e razzie, ripopolando il Tavoliere, allora semideserto.

Questi centri neoformati, quali Fiorentino, Troia, Dragonara, Civitate, Montecorvino, Tertiveri e Devia, furono da sùbito elevati a sedi vescovili, ad eccezione di Devia.





Le città fondate dai due Catapani con lo scopo di difendere la nuova frontiera dalle sortite longobarde, in realtà avrebbero poi dovuto servire a fronteggiare razziatori d'altra provenienza: i Normanni, assoldati dai Longobardi.

Nel tardo Medioevo questi siti sono stati abbandonati (tranne Troia), andando a costituire così un interessante patrimonio archeologico.


Fiorentino fu baluardo dei Bizantini nell'XI secolo, contea normanna nell'XII, nel XIII secolo, con gli Svevi, entrò a far parte del demanio, mentre gli Angioini la diedero in feudo.


I ruderi di Fiorentino erano leggibili e misurabili ancora nel secolo scorso, quando il Fraccacreta li studiò. Le case dovevano affollarsi le une accanto alle altre, fino a schiacciarsi contro le mura di cinta, ma avevano dimensioni maggiori di quelle finora supposte, come hanno acclarato gli scavi archeologici recentemente eseguiti.

Costruzioni artisticamente di rilievo e di dimensioni imponenti erano la cattedrale ed il palazzo di Federico II.

La strada principale era detta "magna platea"; ad essa doveva corrispondere almeno un'altra strada di minore larghezza, forse parallela, come la "platea vicinalis". Le rimanenti vie erano strettissime, dovevano formare un dedalo e si riversavano nella strada principale.

In epoca normanna la città conobbe un'apprezzabile espansione urbanistica con la nascita di un sobborgo, il "Carunculum", situato ad est dell'abitato, che in definitiva era l'unico versante in cui si poteva edificare.


In questo periodo tutti gli spazi liberi (i "casalina") vengono invasi dalle abitazioni che non risparmiano nemmeno il vallo che circondava il castello. Solo la luce che proveniva dalle strade illuminava i vari ambienti delle case, non essendovi cortili né giardini interni.

Resti della Domus di Fiorentino. Si possono notare i due grossi ambienti


I Normanni eressero, sull’estremità più alta della collina, un piccolo castello, che successivamente Federico II fece trasformare nel suo "Palatium". Esso divenne uno dei "loca sollaciorum" (luoghi di svago), dove trascorrere il tempo dedicato alla caccia e al riposo. La domus (collocata nel lato ovest della collina) con l'ingresso principale che volge a sud, presenta una forma di rettangolo imperfetto della lunghezza di 29 metri e della larghezza di 17 metri, diviso in due grandi ambienti, con muri rivestiti da belle pietre squadrate ed un pavimento in "opus spicatum" (spina di pesce) di terracotta, con due camini. Inoltre, sono stati trovati all'interno frammenti vitrei policromi, frammenti di capitelli e colonnine forse appartenute a finestre, monete di epoca federiciana.

Probabilmente il palazzo aveva uno o due piani superiori: ciò è ipotizzabile dal grosso spessore delle pareti. Il palazzo era delimitato da un largo fossato.

Nelle abitazioni di Fiorentino sono state trovate, oltre a ceramiche, vetri e colonne, molte fosse granarie o cisterne.

A sud della strada principale, nella zona urbana, si trova la Cattedrale, una chiesa ad una sola navata e monoabsidale, intitolata al santo patrono del popolo longobardo, l'Arcangelo Michele; infatti, la popolazione di Fiorentino e delle altre città piazzeforti era composta prevalentemente da famiglie di origine longobarda, le uniche reclutabili in zona dai Bizantini per popolarle.

In Fiorentino vi erano ben dodici chiese.

Particolare ravvicinato della Torre nella parte orientale del sito, nella zona al confine tra la città ed il sobbborgo "Carunculum", è collocata la Torre ancora parzialmente conservata in altezza, che poggia su uno zoccolo tronco piramidale.

Le mura della torre sono ora composte da mattoncini disposti in filari regolari (in origine, il basamento murario era costituito da una cortina lapidea a conci squadrati), l'interno mostra una copertura a crociera costolonata.

Il degrado di Fiorentino iniziò già nel XIII secolo: nel 1255 le truppe del Papa Alessandro IV attaccarono Fiorentino, rimasta fedele agli Svevi, distruggendola; poi gli Angioini, dopo averla parzialmente ricostruita, la usarono solo per scopi militari.

Nel 1300, iniziò la spoliazione del sito fino alla totale rovina. Tra gli elementi asportati vi è la gran lastra di marmo, usata come piano dell’altare maggiore nella Cattedrale di Lucera, che si dice fosse la mensa di Federico.










"il dì di S. Caterina dello stesso anno (1250), l'imperatore (Federico II ) pigliò la strada di Lucera... il suo stato di salute divenne tale, che a Fiorentino, città vescovile a 9 miglia da Foggia, dovette fermarsi e quivi, dopo pochi giorni, il 15 di dicembre vi moriva"


continua.........
[Modificato da silvanapat 05/08/2007 08:18]
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04/08/2007 09:22
 
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x bag e per tutti gli appassionati di FEDERICO II


il 28 SETTEMBRE al GRAN TEATRO per "Opere sotto le Stelle"

verrà rappresentato il MUSICAL:

FEDERICO II
"LA DANZA DEL FALCONE"

per info: 06/36705217

a Roma naturalmente
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04/08/2007 13:14
 
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Bag, mi sono fermata perchè sono impegnata in una ricerca (sempre su Federicuccio nostro)che ti piacerà, ne sono sicura. [SM=g7990] [SM=g7990] [SM=g7990]

Appena sarà pronta, ricomincerò.

ciao
silvana

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04/08/2007 20:17
 
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Altre notizie sulla Crociata di Federico
Nel 1227 salì al soglio pontificio papa Gregorio IX, l'intransigente Cardinale Ugolino da Ostia, il quale impose subito a Federico di partire per la Crociata promessa. L'imperatore convocò immediatamente i crociati ed i pellegrini a Brindisi, ma nel caldo agosto scoppiò un'epidemia che fece molte vittime. Lo stesso Federico, che intanto era salpato con la sua nave, ne fu colpito e dovette tornare indietro per curarsi ai bagni di Pozzuoli. Il papa, però, non credette alla sua malattia ed il 29 settembre dello stesso anno, lanciò contro di lui la scomunica dalla cattedrale di Anagni.
Appena guarito, Federico riptrese i preparativi della crociata e nel giugno dell'anno successivo partì alla volta di San Giovanni d'Acri, dove sbarcò il 7 settembre. Poichè parlava perfettamente l'arabo e conosceva bene la poesia, la filosofia e la scienza araba, trovò subito un'intesa con il sultano Malik al-Kamil, con cui nel febbraio del 1229 stipulò un contratto: il sultano rese al regno franco le tre città sante, Gerusalemme, Betlemme e Nazaret, ed altri territori comprendenti gran parte dell'alta Galilea, la signoria di Toron ed in Fenicia, la parte di territorio di Sidone che i Mussulmani possedevano ancora. La restituzione che Riccardo Cuor di Leone , nel pieno della sua superiorità militare, era stato incapace di ottenere, Federico II la ottenne grazie alla sua micizia col sultano, senza infierire alcun colpo di spada.
Con l'accordo Gersalmme venne politicamente resa ai Franchi, ma, siccome riconosciuta città santa da entrambe i culti, cattolico e mussulmano, i mussulmani furono lasciati leberi di professare la loro religione, mantenendo il controllo sul complesso di Haram es-Sherif, con la Qubbat es Shakra o mosche adi Omar e la moschea di al- Aqsa, l'antica sede dei Templari.

Nell'antologia araba intitolata Collana di perle si legge "Quest'uomo rosso di capelli, col viso imberbe e la vista debole, per il quale se fosse stato uno schiavo non si sarebbero spesi nemmeno duecento dirham...", e ancora "A giudicare dalle sue idee era ateo e si prendeva gioco della religione cristiana".  "Se non avessi paura di perdere il mio prestigio agli occhi dei Franchi, mai avrei imposto al sultano di rendere Gerusalemme".

[continua...]
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"I always hope for the best. Experience, unfortunately, has taught me to expect the worst."
Elim Garak DS9

Il mio album
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La riconquista del Santo Sepolcro e della città santa non placò l'ira di Gregorio IX, il quale trovava scandalosi i buoni rapporti stabiliti da Federico con gli infedeli. Così al suo ritorno in Italia, Federico dovette affrontare una crociata bandita contro di lui, dal pontefice. Vinti i nemici interni e respinto l'esercito crociato, raggiunse finalmente un compromesso con il papa, sancito dalla pace di Ceprano nel luglio del 1230.. L'imperatore fu prosciolto dalla scomunica. Così Federico continuò con la sua attività di riforma amministrativa dell'Impero e nel 1231 emanò la Costituzione di Melfi con cui dotò il regno di un codice organico di leggi, codice scritto avvalendosi della collaborazione di esperti giuristi, quali Pier della Vigna e Taddeo Sessa. Puntò anche alla salvaguardia della pace e dell'ordine, facendo costruire una serie di castelli (quelli descritti da te Silvana), che si preoccupò di mantenere sempre in perfetta efficienza.
Mentre in Italia combatteva contro le ribellioni dei baroni, per mantenere il potere nelle sue mani, in Germania elargiva concessioni a favore dei principi, di cui voleva guadagnarsi il favore per avere mano libera in Italia. L'occasione per il suo secondo ed ultimo soggiorno in Germania gli fu fornita dalla ribellione di suo figlio Enrico, che stipulò un'alleanza difensiva con la Lega Lombarda: i peggiori nemici dell'Impero e della Casa di Svevia. Tutto ciò voleva dire alto tradimento: arrestato e tradotto in Italia Enrico fu privato dei suoi diritti al trono, che furono trasferiti a suo fratello Corrado (il futuro imperatore Corrado IV). Il processo sommario lo condannò a morte. Solo in un secondo tempo Federico II — alla razionalità ed al dovere di Stato prevalse il cuore paterno — fece commutare la condanna in carcere a vita. La storia racconta che finì suicida nel febbraio del 1242, dopo aver trascorso diversi anni di prigionia. Federico diede ordine di seppellire il giovane figlio ribelle nel Duomo di Cosenza, avvolto in mantelli regali e con tutti gli onori. Un frate minore tenne l'orazione funebre commentando il versetto: "Abramo impugnò la spada per immolare il figlio a Dio".


[continua...]
[Modificato da Bag End 05/08/2007 12:11]
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ed ora i PAPI che regnarono in epoca di FEDERICO e dei suoi discendenti



PAPA INNOCENZO III






Innocenzo III, nato Lotario dei Conti di Segni (Gavignano, 1160 - Perugia, 16 luglio 1216), fu papa dal 1198 alla sua morte.




Nel primo anno di pontificato, dopo aver visitato tutti i suoi territori, ripartì lo Stato della Chiesa in quattro province: Patrimonio di San Pietro, Campagna e Marittima, Marca anconitana e Ducato di Spoleto.


FEDERICO fu affidato al Papa piccolissimo ed il Papa approfittò della debolezza di Federico II,( che all'epoca aveva quattro anni), per ripristinare il potere papale in Sicilia, domandando all'Imperatrice Costanza, vedova e madre del piccolo Federico II, la restituzione dei privilegi dei Quattro Capitoli, che Guglielmo I di Sicilia aveva precedentemente preso da papa Adriano IV.

Solo allora Innocenzo investì Federico II del titolo di re di Sicilia, nel novembre del 1198. Egli cosigliò, inoltre, il giovane re a sposare per opportunità politiche, la vedova di re Emerico d'Ungheria nel 1209.


Così Federico, a soli 15 anni si sposò con Costanza d'Aragona di 10 anni più anziana di lui.

Con questa iniziativa il pontefice intendeva affiancare al giovane e recalcitrante delfino della Casa di Svevia una donna religiosissima, affidabile, molto più anziana di lui, in grado di indirizzarlo sulla via dell’obbedienza verso l’autorità romana: si sbagliava di grosso.


Dopo la morte di Enrico VI nel 1197, i Ghibellini e i Guelfi avevano eletto imperatori differenti: Filippo di Swabia e Ottone di Wittelsbach rispettivamente.

Nel 1201 il Papa appoggiò apertamente Ottone IV, annunciando che era stato approvato come re Romano e minacciando di scomunica tutti coloro che si fossero rifiutati di riconoscerlo. Questo anche perché Ottone aveva promesso di cedere parti italiane dell’impero ed anche la rinuncia di certi diritti imperiali. [1]


Innocenzo III rese chiaro ai principi tedeschi, attraverso il Decreto Venerabilem del maggio 1202, come egli considerasse le relazioni tra Impero e Papato (questo decreto venne in seguito incorporato nel Corpus Juris Canonici).

I punti principali del decreto erano: i principi dell’Impero potevano eleggere liberamente il loro re ma il diritto di decidere se il re fosse degno della corona imperiale apparteneva al papa; in caso di doppia elezione i principi elettori dovevano chiedere al papa di arbitrare o pronunciarsi in favore di uno dei pretendenti.
Questo diritto derivava dall’atto d’incoronazione di Carlomagno compiuto da Leone III.


Nel frattempo le sorti dell’accanita guerra civile in Germania sembravano andare a favore di Filippo e così il papa cambiò parere, gli tolse il bando e si dichiarò a suo favore e nel 1207, inviò dei Cardinali in Germania per indurre Ottone a rinunciare al trono.

Ottone di Wittelsbach uccise Filippo il 21 giugno 1208 a Bamberga , apparentemente per motivi personali, e alla Dieta di Francoforte, 11 novembre 1208, Ottone IV venne riconosciuto Re.
Il Papa lo invitò a Roma per ricevere la corona imperiale. Ottone venne incoronato a Roma il 4 ottobre 1209.

Prima dell'incoronazione Ottone promise di lasciare alla Chiesa il possesso di Spoleto e Ancona e di garantire la libertà delle elezioni ecclesiastiche; il diritto di appello illimitato per il papa e la competenza esclusiva sulla gerarchia per questioni spirituali; egli promise, inoltre, di aiutare la distruzione dell'eresia (il Patto di Neuss, ripetuto a Speyer, nel 1209).




Ma poco dopo essere stato incoronato, Ottone prese Ancona, Spoleto e altre proprietà della Chiesa, dandole poi ai suoi vassalli. Inoltre, invase il Regno di Sicilia. Ottone venne scomunicato il 18 novembre 1210.

Il Papa ottenne che la maggioranza dei principi ripudiasse l'Imperatore scomunicato ed eleggesse al suo posto Federico II di Sicilia, alla Dieta di Norimberga, nel settembre del 1211.

Federico fece le stesse promesse di Ottone IV, la sua elezione venne ratificata da Innocenzo e fu incoronato ad Aquisgrana il 12 luglio 1215.


Ottone si alleò con l'Inghilterra (era nipote di Giovanni Senza Terra) per combattere Filippo Augusto di Francia, ma venne sconfitto nella battaglia di Bouvines nella contea delle Fiandre (ormai in Francia), il 27 luglio 1214, perdendo tutta la sua influenza (morì il 19 maggio 1218) e lasciando Federico II imperatore incontestato.

Innocenzo giocò un ruolo importante anche nella politica di Francia, Svezia, Bulgaria, Spagna e, soprattutto, Inghilterra.

Innocenzo fu uno strenuo avversario dell'eresia.
Gli eretici dualisti furono scacciati dallo Stato Pontificio ed una campagna contro gli albigensi venne avviata sotto la guida di Simone IV di Montfort.
Sotto di lui la Chiesa cattolica si incaricò dell'organizzazione delle Crociate: queste dovevano essere lanciate contro gli eretici sotto la direzione del pontefice ed usate per imporre il governo della Chiesa sui miscredenti.

Fu questo il preludio della legittimazione dell'Inquisizione nel 1233: l'eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell'individuo e per la conservazione della Chiesa.

Nel 1198 Innocenzo iniziò la Quarta crociata, rivolgendosi ai cavalieri e ai nobili in Europa piuttosto che ai re (al tempo Riccardo I d'Inghilterra e Filippo II di Francia erano ancora in guerra e diversi principi tedeschi erano nemici del Papa).

L'appello fu ignorato fino al 1200, quando nella Champagne venne finalmente organizzata una crociata che i Veneziani trasformarono nel sacco di Zara nel 1202 e Costantinopoli nel 1204, producendo la temporanea riunificazione delle Chiese ortodosse con la Chiesa cattolica (dopo lo Scisma d'Oriente del 1054).

In risposta Innocenzo scomunicò i Veneziani ma, sebbene deplorasse i mezzi, accettò il risultato.

Nel novembre del 1215 Innocenzo convocò il IV concilio lateranense (il dodicesimo concilio ecumenico), che decise una crociata generale in Terra Santa (la Quinta Crociata) ed emanò settanta decreti di riforma.

Innocenzo morì a Perugia. Venne sepolto nella cattedrale di quella città, dove il suo corpo rimase fino a quando Papa Leone XIII lo fece trasferire al Laterano nel dicembre del 1891.


curiosità : S.Francesco ed il Papa Innocenzo III

Nel 1209, quando Francesco ebbe raccolto intorno a sé dodici compagni, si recò a Roma per ottenere l'autorizzazione della regola di vita, per sé e per i suoi frati, da parte di papa Innocenzo III.

Dopo alcune esitazioni iniziali, il Pontefice concesse a Francesco la propria approvazione orale per il suo «Ordo fratum minorum»: a differenza degli altri ordini pauperistici, Francesco non contestava l'autorità della Chiesa, ma la considerava come "madre", e le offriva sincera obbedienza.

Del testo presentato al Papa non ci è rimasta purtroppo traccia. Gli studiosi pensano, tuttavia, che esso consistesse principalmente in brani tratti dal Vangelo, che col passare degli anni, insieme ad alcune aggiunte, confluirono a formare la «Regola non bollata», che Francesco scrisse alla Porziuncola nel 1221.




Porziuncola




PAPA ONORIO III





ONORIO III




PAPA DAL 1216 AL 1227

Il 18 luglio 1216, diciannove cardinali si riunirono a Perugia (dove Innocenzo era morto due giorni prima) con lo scopo di eleggere un nuovo Papa.

Il problematico stato delle cose in Italia, l'atteggiamento minaccioso dei Tartari, e la paura di uno scisma, indussero i cardinali ad accordarsi per un'elezione di compromesso.

I cardinali Ugolino da Ostia (futuro papa Gregorio IX) e Guido di Preneste, vennero incaricati di nominare il nuovo Papa.
La loro scelta cadde su Cencio Savelli, che accettò la tiara papale con riluttanza e prese il nome di Onorio III. Venne consacrato a Perugia il 24 luglio, incoronato a Roma il 31 agosto, e prese possesso del Laterano il 3 settembre.
I fedeli romani furono molto contenti della sua elezione poiché Onorio era romano e grazie alla sua estrema gentilezza ne seppe conquistare il cuore.

Come il suo predecessore Innocenzo III, si era prefisso di raggiungere due grandi obiettivi: la riconquista della Terra Santa con la Quinta Crociata e una riforma spirituale dell'intera Chiesa; ma in modo contrastante rispetto al suo predecessore, cercò di conseguire questi risultati con la bontà e l'indulgenza, piuttosto che con la forza e la severità.



La Crociata venne avallata dal Concilio Laterano del 1215, e i suoi preparativi iniziarono due anni dopo. Per procurarsi i mezzi necessari a questa colossale impresa, il Papa e i cardinali avrebbero contribuito con la decima parte, e tutti gli altri ecclesiastici con la ventesima, delle loro entrate, per tre anni.

Anche se i soldi raccolti in questo modo formavano una cifra considerevole, non fu comunque sufficiente per una crociata generale, così come era stata pensata da Onorio III.

Prospettive più ampie sembrarono aprirsi quando incoronò Pietro di Courtenay (aprile 1217) come imperatore latino di Costantinopoli; ma il nuovo imperatore venne catturato durante il suo viaggio verso est e morì in prigionia.

Onorio III era conscio che c'era un solo uomo in Europa che poteva portare alla riconquista della Terra Santa, e quell'uomo era il suo ex-pupillo Federico II di Germania. Come molti altri governanti, Federico II aveva prestato giuramento di imbarcarsi per la Terra Santa nel 1217. Ma Federico si tirò indietro ed Onorio rinviò ripetutamente la data di inizio della spedizione.

Nell'aprile 1220, Federico venne eletto imperatore, e venne incoronato il 22 novembre 1220 a Roma.

Nonostante l'insistenza di Onorio, Federico rinviò ancora, e la campagna egiziana fallì miserabilmente con la sconfitta di Damietta (8 settembre 1221).

Molti dei governanti europei erano impegnati in proprie guerre e non potevano lasciare le loro nazioni per periodi lunghi.
Andrea II d'Ungheria, seguito tempo dopo da una flotta di crociati provenienti dalla regione lungo il basso Reno, partirono infine per la Terra Santa, presero Damietta e pochi altri luoghi in Egitto, ma la mancanza di unione tra i cristiani, e anche la rivalità tra i condottieri e il legato pontificio Pelagio, produssero il fallimento.

Il 24 giugno 1225, venne infine fissato come data della partenza di Federico II; e Onorio ne propose il matrimonio con Isabella, erede al Regno di Gerusalemme, con l'idea di legarlo maggiormente al piano. Ma il Trattato di San Germano, nel luglio 1225, permise un altro ritardo di due anni.

Federico fece ora dei seri preparativi per la crociata, nel mezzo dei quali comunque, Onorio morì, il 18 marzo 1227, senza vedere l'esaudirsi delle sue speranze.
Fu lasciato al suo successore Gregorio IX, l'insistere perché venissero portate a compimento.

Ma Onorio ebbe in realtà un compito troppo grande; oltre alla liberazione della Terra Santa, si sentiva obbligato a portare avanti la repressione dell'eresia nella Francia meridionale, la guerra per la fede nella penisola iberica, la diffusione della cristianità nelle terre lungo il Baltico, e il mantenimento dell'Impero Latino di Costantinopoli.

Di questi compiti, lo sradicamento dell'eresia era il più vicino al cuore di Onorio. Nel sud della Francia egli portò avanti il lavoro di Innocenzo, confermando Simone di Montfort nel possesso delle terre di Raimondo VI di Tolosa e riuscendo, dove aveva fallito Innocenzo, a trascinare la casa reale francese nel conflitto.

Il più importante avvenimento del periodo fu l'assedio e la cattura di Avignone. Sia Onorio che Luigi VIII non prestarono orecchio alle pretese imperiali di Federico II su quella città.


[Modificato da silvanapat 06/08/2007 07:55]
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05/08/2007 19:06
 
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PAPA GREGORIO IX




Ugo o Ugolino dei Conti di Segni nacque ad Anagni nel 1143 e venne eletto papa il 19 marzo 1227, succedendo ad Onorio III.

Prese il nome di Gregorio intendendo continuare l'opera del settimo papa di questo nome.

Punti fondamentali del suo programma di pontificato furono: estirpare le eresie, organizzare la crociata, rivendicare lo «libertas» ecclesiastica di fronte alle ingerenze imperiali.

Difese l'ortodossia affidando i tribunali dell'Inquisizione ai Domenicani; elevò agli onori degli altari Francesco d'Assisi e Antonio da Padova.

Gregorio IX ebbe più d'un motivo di scontro con Federico II che, per non aver preso il comando della Crociata, fu due volte scomunicato.


Federico II decise di fare la Sesta Crociata. Gli ostacoli furono molti: innanzitutto, in quanto scomunicato, egli non poteva partecipare ad una crociata; in secondo luogo, Gregorio IX fece uccidere dalle città della Lega Lombarda e da mercenari i crociati che provenivano da Nord.

Pur limitato nelle forze, nel giugno 1228 si imbarcò a Brindisi diretto ad Acri, in Terra Santa. Qui, dopo esser sfuggito a vari attentato orditi dal Papa tramite i Templari, trovò il Sultano disposto alla mediazione, e nel febbraio 1229 stipulò un trattato che concedeva Gerusalemme ed i luoghi Santi all'Impero; incoronandosi quindi re di Gerusalemme (era, infatti, tale in virtù del matrimonio con Isabella di Gerusalemme, morta qualche anno prima) nella chiesa del Santo Sepolcro, tornò in Italia nel giugno 1229, per domare le insurrezioni dei baroni nel regno di Sicilia e sconfiggere il Papa, che utilizzò il denaro datogli da Federico II, anziché per finanziare la crociata, per muovere guerra contro Federico II ed impossessarsi dei suoi territori.


Federico però partì per la Crociata nel giugno del 1228 (alla fine dell'epidemia che aveva colpito le sue truppe e lui stesso) che rimase famosa come la CROCIATA DEGLI SCOMUNICATI.

L'imperatore reagì appellandosi ad un concilio per deporre il venerando pontefice.
Nel 1240 Gregorio indisse il Concilio Ecumenico in Vaticano.

Federico II reagì affrontando la flotta navale genovese che portava a Roma i padri conciliari provenienti dalla Spagna e dalla Francia. Molti cardinali e vescovi furono fatti prigionieri e condotti sotto buona scorta in Puglia.

I rapporti fra papa Gregorio IX e Federico II furono sempre conflittuali poichè Gregorio IX voleva avere più potere dell'imperatore nonostante Federico II avesse cercato di aiutarlo in più occasioni.

La rottura definitiva con il Papa ci fu quando, nonostante nel 1234 con il "Liber Australis fosse avvenuta la riconciliazione, nel 1239 il Papa Gregorio IX gli lanciò la seconda Scomunica la domenica delle Palme prendendo dei pretesti infondati.

Da qui un chiaro conflitto tra PAPATO ed IMPERO, ma appariva chiaro alla cristianità che Federico II era il vero unto del Signore, il Messia, mentre Gregorio IX, figlio di Satana, così che perse l'appoggio di tutte le potenze laiche ed ecclesiastiche e Federico II iniziò a conquistare i possedimenti dello Stato Pontificio.

Il 22 Agosto 1241 Gregorio IX moriva improvvisamente anche se ad una età avanzata e senza aver tolto la scomunica a Federico II.


"Colui che aveva lottato contro l'Augusto, non avrebbe passato agosto e la giustizia divina si scagliò contro il papa eretico"

L'elogio funebre di Papa Gregorio IX pronunciato da Federico II : " Colui che rifiutò la pace e le trattative e solo intese alla discordia, non doveva oltrepassare i confini dell'agosto (augustus) vendicatore: egli che operò a offesa dell'Augusto"


Gregorio IX fu un pontefice ambiguo: da una parte i suoi legami con S.Francesco d'Assisi, dall'altra la sua sete di potere e di ricchezza, la sua malafede e corruzione, l'uccisione di molti crociati e l'istituzione dei TRIBUNALI dell'INQUISIZIONE
[Modificato da silvanapat 06/08/2007 06:59]
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06/08/2007 07:11
 
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PAPA CELESTINO IV









Celestino IV (data di nascita sconosciuta - PAPA dal 25 ottobre - 10 novembre 1241), al secolo Goffredo di Castiglione fu un nobile milanese figlio di Giovanni Castiglioni e di Cassandra Crivelli e quindi nipote di papa Urbano III (Uberto Crivelli, 1185-87).


Celestino IV forse già seriamente malato, aggravatosi probabilmente per le conseguenze del conclave, muore senza essere effettivamente consacrato, senza emblema e senza sigilli dopo solo 17 giorni dalla nomina.

Secondo i "Gesta Treverorum" Goffredo morì "avvelenato. Perciò i cardinali lasciarono la santa chiesa per molti giorni priva di un capo e come deserta, perché temevano una fine simile".

Questo accadde mentre l'esercito dell'imperatore Federico II, colpito da scomunica nel 1239, cingeva d'assedio Roma.

Si tratta di una circostanza rilevante da associare alla fulminea vicenda di questo papa. Infatti, a seguito del conflitto che s'era prodotto nella disputa su chi avesse più potere tra Chiesa e Impero, l'elezione del successore fu cosa assai controversa e complessa, ed il papato, dopo Celestino IV, restò con la sede vacante per quasi due anni.

Si era in piena guerra tra il Sacro Romano Impero e lo Stato della Chiesa e le rispettive fazioni dei ghibellini e dei guelfi.

Passarono due anni prima di una nuova elezione per le precarie condizioni di sicurezza in cui viveva la città di Roma, sempre minacciata da un possibile assedio dell'esercito dell'Imperatore Federico II, e per i numerosi tentativi che gli otto cardinali fecero per ottenere la liberazione dei due cardinali fatti prigionieri dall'imperatore.

Gli otto cardinali si riunirono nel febbraio 1242 ad Anagni e dopo molte trattative riuscirono a far rilasciare i due prigionieri, con l'accordo del loro ritorno in prigionia al termine dell'elezione.

Alla fine, dopo minacce, arresti e ricatti, compreso il tradimento del cardinale Giovanni Colonna e la scarcerazione di Giacomo da Palestrina, ad Anagni, dove si erano rifugiati i cardinali, viene eletto il nuovo pontefice Innocenzo IV (1243-1254), al secolo Sinibaldo Fieschi genovese della famiglia dei conti di Lavagna.


[Modificato da silvanapat 06/08/2007 08:42]
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PAPA INNOCENZO IV










Si narra che alla notizia della sua elezione Federico II intuendo che un Papa non poteva che difendere gli interessi della Chiesa, disse di aver perso l'amicizia di un cardinale e guadagnato l'inimicizia di un Papa.

Si aprirono subito dei negoziati: il Papa inviò una delegazione guidata dal cardinale Ottone con la richiesta di rilasciare tutti i prelati imprigionati, ricordando la scomunica ancora attiva, ed invitando Federico a rientrare nella Chiesa.

L'imperatore poneva condizioni e si lamentava di non voler trattare le questioni relative ai comuni lombardi.
Accadde poi durante queste trattative un episodio che portò ulteriore conflitto; il cardinale Ranieri, biasimato per questo dallo stesso pontefice, fomentò una rivolta contro Federico nella città ghibellina di Viterbo.
Federico pose sotto assedio la città, ma non riuscì a conquistarla. Si addivenne quindi alla pace stipulata in Laterano il 31 marzo 1244.

L'imperatore si impegnava a restituire i prigionieri ed alcuni dei territori della Stato Pontificio, ma nulla veniva stabilito sui diritti imperiali nei confronti dei comuni lombardi.
Quando i delegati imperiali giunti dal Papa chiesero a quali penitenze doveva sottostare Federico per vedersi annullata la scomunica, il Papa richiese l'immediata restituzione di tutti i territori da lui usurpati allo Stato della Chiesa.

Federico ovviamente non accettò, si dichiarò disposto a cedere solo una parte di tali territori, e solo dopo la revoca della scomunica.
Essendo di stanza a Terni invitò il Papa a Narni per colloqui diretti.
Probabilmente vi era una trappola tesa al pontefice, ed una voce giunse allo stesso Innocenzo IV che quindi spaventato, durante il viaggio verso Narni, cambiò direzione andando frettolosamente a Civitacastellana e da qui a Civitavecchia da dove salpò per Genova.

Colpito da malore durante il viaggio, rimase tre mesi nel convento di S. Andrea presso Genova per rimettersi in forze; quindi si portò a Lione.
Qui convocò un concilio generale che si riunì nel 1245 con l'unico obiettivo di scomunicare Federico, sciogliere i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà e riprendere tutti i possedimenti imperiali.

Al Concilio di Lione che iniziò il 28 giugno 1245 l'Imperatore fu rappresentato da Taddeo di Sessa che offrì a nome dell'Imperatore la restituzione di altri territori pur di evitare la scomunica, ma Innocenzo IV non accettò e nella seconda convocazione del 5 luglio 1245, portò nuove accuse all'Imperatore e nella terza convocazione del 17 luglio lo scomunicò.
La scomunica fece notevole scalpore in tutta Europa. Essa comportava automaticamente la destituzione e quindi i principi germanici si riunirono per eleggere un nuovo imperatore.
Questo fu fatto nella persona di Enrico Raspe, margravio di Turingia il 22 maggio 1246.
Molti principi comunque si erano astenuti e quelli fedeli a Federico non lo riconobbero come re.

Subito Corrado figlio dell'imperatore tentò di vincere Enrico Raspe militarmente, ma fu sconfitto a Francoforte il 5 agosto. Pochi mesi dopo però, il 17 febbraio 1247 Enrico Raspe moriva.
Alcuni mesi dopo i principi tedeschi elessero imperatore Guglielmo d'Olanda.

Nel regno delle due Sicilie nel frattempo dominava il caos, mentre Federico II vagava nell'Italia settentrionale con il figlio Enzo ed il feroce Ezzelino III da Romano guerreggiando contro i Comuni che non accettavano la sua supremazia.

Parma ad esempio fu passata a ferro e fuoco; ma la città parmense si dimostrò indomabile e si rivoltò fino ad attaccare la stessa tendopoli dell'imperatore poco fuori la città, il 18 febbraio 1248; Federico a stento poté mettersi in salvo e riparare a Cremona, mentre trovava la morte Taddeo di Sessa.
Il 26 maggio 1249 attaccando Bologna nella battaglia di Fossalta, suo figlio Enzo fu fatto prigioniero dai bolognesi che lo misero in stretta prigionia fino alla morte.

Ezzelino III da Romano invece otteneva con la sua ferocia molte vittorie sempre nel nord-Italia.
Federico dopo la sconfitta contro Bologna si portò a sud.
Qui il partito ghibellino filo-imperiale era ormai esiguo e Federico si sentì sempre più isolato, tanto da sospettare anche delle persone che lo circondavano.
Sembra che giunse ad accusare di tradimento anche il suo stretto collaboratore, il cancelliere Pier delle Vigne che fece prima accecare e poi mettere in prigione; qui costui però si suicidò.

DANTE ALIGHIERI descriverà Pier delle Vigne nel XIII canto dell'Inferno ritenendo il tradimento non vero

Il 13 dicembre 1250 Federico II all'età di cinquantasei anni moriva di febbre intestinale a Castel Fiorentino in Puglia, con grande esultanza del suo avversario Innocenzo IV; come del resto egli aveva gioito alla morte del Papa Gregorio IX.

Il sogno di ricreare un grande impero che andava dalla Germania all'Italia meridionale era fallito miseramente, con lo stato pontificio ed i comuni italiani non disposti a cedere le loro autonomie.

Innocenzo IV lasciò Lione dopo la Pasqua del 1251 ed a novembre si portò a Perugia dove rimase oltre un anno. Doveva ora affrontare gli eredi di Federico: Corrado IV figlio legittimo in Germania e Manfredi in Puglia, il figlio nato dalla relazione con la contessa Bianca Lancia.

Nell'ottobre 1251 Corrado IV scese in Italia invitato a Verona da Ezzelino da Romano, e si portò in Sicilia dove Manfredi gli consegnò simbolicamente la sovranità sul regno, trattanendo per se il principato di Taranto.

Il Papa non accettò che uno svevo potesse di nuovo avere la sovranità in Italia, e cominciò a contattare diversi possibili candidati.

Dapprima Riccardo di Cornovaglia fratello di Enrico III di Inghilterra, poi Carlo d'Angiò fratello di Luigi IX di Francia; infine il cardinale Ottobono Fieschi suo nipote e futuro Papa Adriano V riuscì a stipulare un patto con Enrico III d'Inghilterra sulla persona del principe Edmondo allora di soli nove anni.

Nell'aprile 1254 scomunicò Corrado IV accusato di aver commesso gravi soprusi contro la Chiesa; Innocenzo IV conferì ufficialmente l'investitura del feudo della Sicilia al principe inglese il 14 maggio 1254; ma undici giorni dopo Corrado IV moriva a soli ventisei anni ed avendo affidato secondo testamento, il figlio di due anni Corradino alla custodia della Chiesa, tutto tornò in discussione; e l'accordo con il principe inglese fu sospeso.

Innocenzo IV a questo punto doveva accordarsi con Manfredi. Per questo si recò ad Anagni, ai confini dello Stato Pontificio dove ricevette una delegazione inviata da Manfredi.

Questi chiese che venisse accettata subito la sovranità del piccolo Corradino, ma il Papa ribatté che si sarebbe dovuto attendere che questi divenisse adulto e che nel frattempo avendone lui la custodia era lui ad avere la sovranità sulla Sicilia.

Manfredi prese tempo e si sottomise inizialmente al Papa, essendo tra l'altro nominato vicario pontificio nel sud e principe di Taranto.

Così lo Stato Pontifico raggiunse la massima ampiezza territoriale nella sua storia, dalla Toscana alla Sicilia. Il Papa si recò quindi a Napoli dove fu accolto trionfalmente il 27 ottobre 1254.

Cominciò a concedere le prime autonomie e ad impartire i primi atti amministrativi quando fu informato del tradimento di Manfredi che stava organizzandosi per attaccarlo militarmente arruolando anche truppe saracene.

Il Papa gli inviò contro il suo esercito. A Foggia avvenne lo scontro che però vide la vittoria di Manfredi il 2 dicembre. La triste notizie giunse ad Innocenzo IV a Napoli nel palazzo che era stato di Pier delle Vigne; e qui già ammalato, si spense cinque giorni dopo il 7 dicembre. Fu sepolto presso la Chiesa di S. Restituta e successivamente traslato nel Duomo di Napoli dove si eresse il monumento funebre nel 1318.

Oltre al conflitto con l'impero, il papa dovette occuparsi di altre questioni.

Nel 1243 aveva indetto una crociata contro i Turchi che avevano riconquistato Gerusalemme; ma a tale crociata aderì solo il sovrano francese Luigi IX detto il Santo, a testimonianza della lenta decadenza dell'autorità pontificia nei confronti dei regnanti europei.

Singolare l'attività missionaria di questo Papa che inviò esponenti Francescani e Domenicani in missione fino al Caracorum.

Infine la bolla "Ad extirpanda" del 1252 segnò una tragica decadenza con il permesso concesso all'Inquisizione di servirsi della tortura, cosa che in quei tempi era però permessa in tutte le sedi investigative. I suoi studi diedero al mondo un Apparatus in quinque libros decretalium, considerato molto importante. Ad Innocenzo IV successe Alessandro IV.





Da ricordare:

1- Il Papa Innocenzo IV nel 1252 concesse con la bolla "AD EXTIRPANDA" il permesso all'Inquisizione di servirsi delle torture.

2-Fu il primo Papa che vendette indulgenze per accrescere il fondo pecuniario per la chiesa ed il clero.

3-La lotta tra l'Imperatore ed il Papa portò alla reciproca accusa di essere l'Anticristo. In particolare la parte avversa al Pontefice sostenne che la tecnica della GEMMATRIA applicata al nome di "Innocentius Papa" avrebbe dato come risultato 666, ossia quello tradizionalmente associato all'ANTICRISTO

4-Fu il primo Papa che impose ai Cardinali l'uso del "galero", il cappello rosso, per ricordare il dovere che incombeva loro di dare la vita per il bene della Chiesa

5-Alla notizia della scomparsa del suo nemico Innocenzo IV espresse la sua esultanza con parole di fuoco e senza un minimo di carità cristiana, nella enciclica inviata al clero ed ai sudditi siciliani di Federico II.
L'enciclica "LAETENTUR COELI" : «… Esultino i cieli! Si rallegri la terra, perché con la morte del vostro persecutore sembra, per l'ineffabile misericordia di Dio, che si siano mutati in dolci zeffiri e in fresche rugiade i fulmini e le procelle che sono stati lungamente sospesi sulle vostre teste.
Tornate dunque subito nel grembo della Santa Chiesa, vostra madre, dove soltanto in questa potete trovare riposo, pace, libertà...»


[Modificato da silvanapat 06/08/2007 13:38]
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PAPA ALESSANDRO IV








Fu eletto nel 1254 e morì a Viterbo nel 1261.

Successore di Innocenzo IV, ne proseguì la politica antisveva in Germania e in Italia, senza però riuscire ad impedire la vittoria di Manfredi di Svevia e dei ghibellini a Montaperti.

Scomunicò Ezzelino da Romano.


Si adoperò per l'unione delle Chiese orientali riuscendovi coi maroniti. Promosse le persecuzioni dell'Inquisizione contro gli albigesi. Le discordie intestine lo tennero quasi sempre lontano da Roma.

Vescovo di Ostia, creato cardinale (1227) da Gregorio IX, suo zio, fu eletto papa a Napoli, dove era morto Innocenzo IV.

Dopo aver rinnovato (1255) l'investitura imperiale a Edmondo, figlio di Enrico III d'Inghilterra, scomunicò per due volte (1259 e 1260) e affrontò Manfredi che, proclamatosi prima reggente e poi successore di Corradino di Svevia, si andava affermando nell'Italia meridionale sostenuto dai senesi e dai ghibellini di Firenze (anch'essi scomunicati nel 1260).

In Roma lottò (1259) per ottenere l'investitura senatoria delle famiglie patrizie degli Orsini e degli Annibaldi contro i nobili partigiani di Manfredi (Brancaleone e Castellano degli Andalò). Promosse la riforma del processo canonico contro gli eretici (1257) e, sostenitore dei francescani, canonizzò santa Chiara.
[Modificato da silvanapat 06/08/2007 14:04]
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PAPA URBANO IV







Era figlio di un calzolaio di Troyes in Francia.
Dopo aver studiato teologia e legge a Parigi, fu canonico a Leon e arcidiacono di Liegi.
Nel 1251 Innocenzo IV lo creò vescovo di Verdun e lo impiegò come legato in Germania. Alessandro IV lo nominò invece Patriarca di Gerusalemme.

Alla morte di Alessandro IV avvenuta il 25 maggio 1261, gli otto cardinali che si trovavano a Viterbo che dovevano eleggere un suo successore, si resero conto che ci voleva un pontefice risoluto. Non mancarono i pro e i contro, ed infatti la sofferta decisione venne con molto ritardo. Non riuscirono a far convergere i voti su nessuno di loro. Bisognò aspettare quasi la fine di agosto, quando la scelta cadde sul francese Jacques Pantaleon, un elemento estraneo al Sacro Collegio.

Il prelato si trovava a Viterbo per una questione inerente i Cavalieri di San Giovanni, e fu sbigottito quando gli venne comunicata l’inaspettata nomina.
Nonostante il suo papato abbia avuto breve durata, fece in tempo a sconvolgere l'Italia, perché poco prima di morire chiamò gli Angioini, che non se ne sarebbero più andati.

Il nuovo pontefice, fin dall'inizio del suo pontificato, si mostrò nemico di Manfredi di Sicilia e continuatore della politica dei suoi predecessori.
Ordinò infatti allo svevo di richiamare i Saraceni che erano penetrati nella campagna romana; bandì contro di lui una crociata; nominò capo delle milizie papali, nelle quali arruolò tutti i fuorusciti del mezzogiorno, Ruggero di Sanseverino, acerrimo nemico di Manfredi; cercò di dissuadere Giacomo D'Aragona dal dare in moglie al figlio Pedro la figlia di Manfredi, Costanza; e, infine, il 6 aprile del 1262, rinnovata la scomunica contro di lui, lo citò a comparirgli dinanzi per giustificarsi delle gravissime colpe di cui era accusato.

Urbano IV era comunque consapevole che le armi spirituali non erano sufficienti a debellare Manfredi.
Convinto che occorresse trovargli un antagonista valoroso, potente, ambizioso, che potesse, con le sue forze, togliere il regno al rivale, capeggiare il Guelfismo e mantenersi devoto alla Santa Sede, il Pontefice individuò questa figura in Carlo I D'Angiò, del quale, nel 1248, in occasione della spedizione di Luigi IX in Egitto aveva ammirato il coraggio, il valore e la costanza.

Sebbene non fosse di tal natura da rimanere, dopo il successo, assolutamente ligio ai voleri del Papato, Carlo era l'uomo che più d'ogni altro avrebbe potuto giovare alle trame della Curia romana contro Manfredi. Il Pontefice affidò le trattative con Carlo all'arcivescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli.

Questi, mosso da odio per Manfredi, seppe rimuovere ogni difficoltà con grande astuzia: ottenne che Edmondo d'Inghilterra rinunciasse ai diritti sul regno di Sicilia conferitigli da Alessandro IV, convinse Luigi IX di Francia a non intralciare le mire del fratello Carlo e riuscì a far concludere al Papa un trattato con Carlo d'Angiò, mediante il quale questi riconosceva alla Santa Sede l'alta sovranità sul regno siciliano, ne riceveva dal Pontefice l'investitura, rinunciava al possesso di Benevento e si obbligava a pagare alla Curia romana un tributo annuo di diecimila once d'oro.
Poiché durante le trattative il partito guelfo romano aveva eletto senatore della città Carlo d'Angiò, questi giurò al papa di deporre la potestà senatoria non appena fosse venuto in possesso del regno siciliano.

Le trattative tra la Curia romana e Carlò d'Angiò non erano rimaste ignote a Manfredi.
Egli si rendeva conto che il rivale che la Santa Sede gli metteva di fronte era un uomo temibile ed ambizioso; prevedeva inoltre che si sarebbero schierati con lui tutti i Guelfi d'Italia ed era sicuro che, all'avvicinarsi dell'Angioino, i tiepidi amici lo avrebbero abbandonato ed avrebbero ripreso animo i numerosi nemici occulti che si celavano nel regno, pronti a salire sul carro di un qualsiasi suo avversario.

Volendo rafforzare la sua posizione e intimorire gli avversari prima che Carlo scendesse in campo, Manfredi ideò un piano audace: impadronirsi di Roma e di Orvieto, dove risiedeva la corte pontificia. A tale scopo chiamò nella marca d'Ancona le milizie del conte Giordano; mandò Percivalle d'Oria con un forte contingente di cavalieri ed arcieri saraceni nel ducato di Spoleto; per chiudere la via del mare ai Guelfi di Roma inviò ad Ostia il romano Tebaldo Annibaldi; e lanciò contro la città alcuni gruppi di fuorusciti romani comandati da Pietro di Vico.
L'impresa però riuscì solo in parte: Percivalle D'oria, mentre marciava su Orvieto, morì annegando nelle acque della Nera e Pietro di Vico, giunto alle porte di Roma, fu respinto dai Guelfi. Mentre nella marca d'Ancona due capitani delle milizie pontificie, il conte d'Anguillara e il vescovo di Verona, furono sconfitti e fatti prigionieri, ad Orvieto il Papa corse il pericolo di cadere in mano alle truppe sveve e a stento riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Perugia. Da questa città Urbano IV inviò un appello urgente all'angioino, ma non riuscì mai a vedere le armi della Francia scendere in campo contro lo scomunicato svevo; ammalatosi nella fuga da Orvieto, morì il 2 ottobre 1264 in un convento di suore di Deruta, si narra per un indigestione da frutta.
Le sue spoglie vennero custodite nel duomo di Perugia.

Fra le sue iniziative di carattere religioso ci furono la venerazione del Sacramento Eucaristico, con l'istituzione della festa del "Corpus Domini", che però, a causa della sua morte, divenne effettiva ed operante solo dopo il concilio di Vienne del 1311 e la riforma dell'Inquisizione medioevale: le inchieste dovevano essere controllate da un pubblico notaio, e le confessioni dovevano essere recepite da persone religiose prudenti, da consultarsi prima di pronunziare le sentenze.




da ricordare:

1-Urbano IV ODIAVA Manfredi e tutti gli Svevi.
2-Chiamò gli ANGIOINI in Italia con il proposito di annientare la stirpe di Federico, riuscendoci alla grande.
3-Rinnovò la scomunica a Manfredi.
4-Rinnovò le Inquisizioni medioevali: le inchieste dovevano essere controllate da un pubblico notaio
[Modificato da silvanapat 07/08/2007 08:27]
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PAPA CLEMENTE IV






Clemente IV, nato Guy Le Gross Foulquois (Saint-Gilles-du-Gard, 23 novembre 1200 ca. - Viterbo, 29 novembre 1268), fu Papa dal 1265 alla sua morte.

Fu eletto Papa il 5 febbraio 1265. Prima di essere ordinato fu un soldato e un avvocato, e in quest'ultimo ruolo agì come segretario di Luigi IX di Francia, alla cui influenza dovette principalmente la sua elezione. In questo periodo si sposò ed ebbe due figli, ma rimasto vedovo, si fece sacerdote.

In quest'epoca la Santa Sede era impegnata in un conflitto contro Manfredi di Sicilia, il cosiddetto usurpatore di Napoli, e Clemente, la cui elezione era avvenuta in sua assenza, venne costretto ad entrare in Italia in incognito. Clemente mosse immediatamente dei passi per allearsi con Carlo I d'Angiò, il pretendente francese al trono di Napoli, che fece ingresso in quella città, dopo aver sconfitto e ucciso Manfredi nella grande battaglia di Benevento, insediandosi fermamente sul trono.

Si dice che Clemente disapprovò le crudeltà commesse da Carlo, e sembra che non ci siano fondamenta per le accuse mossegli, di aver consigliato a quest'ultimo di giustiziare lo sfortunato Corradino, l'ultimo discendente del casato Hohenstaufen, per lungo tempo antagonista della Chiesa.

Il suo comportamento privato fu ineccepibile anche se non pochi documenti lo lodano per il suo rifiuto verso il far favori a amici e parenti.
Si fece inotre onore per aver incoraggiato e protetto Ruggero Bacone, contraendo forti amicizie con San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura. Clemente venne sepolto a Viterbo, che fu sua residenza per tutto il pontificato, nella locale chiesa dei domenicani.


[Modificato da silvanapat 07/08/2007 09:17]
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Occhio per occhio....e il mondo diventa cieco (Gandhi)
06/08/2007 08:13
 
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PAPA GREGORIO X







Gregorio X, nato Tebaldo Visconti (Piacenza, ca. 1210 - Arezzo, 10 gennaio 1276), fu Papa della Chiesa cattolica, che lo venera come beato, dal 1271 alla sua morte.

Tebaldo Visconti era insignito dei soli ordini minori, ed era titolare di un canonicato a Lione, e dell'arcidiaconato di Liegi.

Succedette a Clemente IV, dopo che lo scranno pontificio era rimasto vacante per quasi tre anni a causa dei dissidi fra i cardinali che si erano riuniti a Viterbo per eleggere il nuovo Papa.

Il popolo di Viterbo, stanco delle lungaggini nelle quali si dibatteva questa elezione, rinchiuse i cardinali nel Palazzo Papale (clausi cum clave) e da quel giorno tutte le riunioni del Sacro Collegio per eleggere il nuovo papa presero il nome di conclave.

La sua elezione avvenne mentre era impegnato nella nona Crociata a San Giovanni d'Acri, assieme a Edoardo I d'Inghilterra.

Qui, appena eletto incontrò Niccolò, Matteo e Marco Polo in viaggio per la Cina.

Al suo arrivo a Roma il suo primo atto fu di riunire un concilio ecumenico che si incontrò a Lione nel 1274 allo scopo di discutere dello scisma d'oriente, delle condizioni della Terra Santa, e degli abusi della Chiesa cattolica. Fu mentre era di ritorno da quel conciliò che morì, ad Arezzo, il 10 gennaio 1276.

A lui si deve la bolla Ubi Periculum che, successivamente incorporata nel codice del diritto canonico, continua a regolare tutti i conclavi per l'elezione dei Papi. Gli successe papa Innocenzo V.




da ricordare:

1-Papa Gregorio X è da ricordare solamente perchè nel 1272 muore Enzo, figlio di Federico II ,ultimo SVEVO.
[Modificato da silvanapat 07/08/2007 09:27]
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06/08/2007 17:04
 
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Volevo scrivere qualche altra cosa ed inserire una foto che ho sul manuale, ma lo scanner ha deciso di scioperare, bastardo [SM=g10743]! Vabbè sarà per domani.
Ciao Silvana [SM=g10429] [SM=g10058]
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07/08/2007 12:43
 
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Re:
silvanapat, 03/08/2007 21.04:


"il dì di S. Caterina dello stesso anno (1250), l'imperatore (Federico II ) pigliò la strada di Lucera... il suo stato di salute divenne tale, che a Fiorentino, città vescovile a 9 miglia da Foggia, dovette fermarsi e quivi, dopo pochi giorni, il 15 di dicembre vi moriva"




[SM=g10070]
[Modificato da Bag End 07/08/2007 12:44]
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07/08/2007 12:50
 
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Re: Re:
Bag End, 07/08/2007 12.43:

silvanapat, 03/08/2007 21.04:


"il dì di S. Caterina dello stesso anno (1250), l'imperatore (Federico II ) pigliò la strada di Lucera... il suo stato di salute divenne tale, che a Fiorentino, città vescovile a 9 miglia da Foggia, dovette fermarsi e quivi, dopo pochi giorni, il 15 di dicembre vi moriva"




[SM=g10070]






Bag, sei incredibile! [SM=g8166]
Sono stata mezz'ora a ridere! (non per la morte di Federico! ma per le tue esternazioni!)


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