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Percivalle Doria

Percivalle Doria (Genova, 1195 circa - Arrone, 1264) è stato un condottiero, il vicario generale di Re Manfredi per la marca di Ancona e il ducato di Spoleto e poi per la Romagna e un poeta seguace dei trovatori provenzali e della scuola siciliana.
Molto probabilmente faceva parte della ricca famiglia genovese dei Doria, anche se c'è chi sostiene che il cognome fosse originariamente D'Oria, cioè da Otranto. Tra il 1228 e il 1243 assunse la carica di podestà in alcune città provenzali e dell'Italia settentrionale. Poi venne arruolato dal re Manfredi di Sicilia, che nel 1255 lo nominò vicario generale di Ancona e Spoleto e nel 1258 della Romagna.

Intanto, i rapporti tra il figlio di Federico II e papa Urbano IV si inasprirono. Percivalle dovette così mettere a ferro e fuoco Spoleto nel 1259 e cinque anni dopo, partito con un piccolo esercito di musulmani e tedeschi, accorse in aiuto del suo re contro Carlo I d'Angiò. In quest'ultima occasione, mentre passava il fiume Nera presso Arrone, morì annegato con il suo cavallo.
Già prima di venire a contatto con Manfredi, Percivalle Doria scriveva canzoni in provenzale. Per quanto riguarda i testi in siciliano (tradotti poi in fiorentino), rimangono solo Amor m'ave priso e Come lo giorno quando è al mattino, tramandati dal manoscritto Vaticano Latino 3793.



Amor m'ave riso


Amore m'a[ve] priso
e miso m'à 'n balìa
d'alto mare salvagio;
posso ben, ciò m'è aviso,
blasmar la segnoria,
che già m'à fatto oltragio,
chè m'à dato a servire
tal donna, che vedire,
nè parlar non mi vole,
onde mi grava e dole
si duramente - ca, s'io troppo tardo,
consumerò ne lo doglioso sguardo.

Pecato fece e torto
Amor, quando sguardare
mi fece la più bella,
che mi dona sconforto
quando degio alegrare,
tanto m'è dura e fella.
Ed io per ciò non lasso
d'amarla, oi me lasso;
tale mi mena orgoglio
asai più che non soglio,
sì coralmente - eo la disio e bramo:
Amor m'à preso come il pesce a l'amo.

Eo son preso di tale
che non m'ama neiente
ed io tut[t]or la servo;
nè 'l servir non mi vale,
nè amar coralemente.
Dunque aspetto, ch'io servo
sono de la megliore
e seraio con amore
d'amare meritato
. . . [-ato]
. . . [-ente] - che lo servir non vaglia,
eo moragio doglioso sanza faglia.


[continua...]
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Elim Garak DS9

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