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Guido delle Colonne

Guido delle Colonne (Roma o Messina, 1210 circa - dopo il 1287) fu un poeta della scuola siciliana, di professione giudice a Messina. Ci rimangono 5 canzoni, di cui la più conosciuta è Amor che l'aigua per lo foco lassi, conservata nel manoscritto Vaticano-Latino 3793, e citata da Dante nel De Vulgari Eloquentia II, vi, 6.
Della sua vita, come per molti altri esponenti della scuola siciliana, non rimangono che poche tracce documentarie che ne situano l'attività dal 1243 al 1280. Probabilmente scrisse l'Historia Trojana (che tradusse liberamente dal Roman de Troie e che terminò nel 1287), commissionata da Matteo della Porta, vescovo di Palermo. Partì per l'Inghilterra per visitare il re Edoardo I e fu giudice a Messina dal 1257 al 1280.


Amor, che lungiamente m'ài menato


Amor, che lungiamente m'ài menato
a freno stretto senza riposanza,
alarga le toi retine, in pietanza,
chè soperchianza - m'a vinto e stancato;
c'ò più durato - ch'eo non ò possanza, 5
per voi, madonna, a cui porto lianza
più che non fa assessino asorcuitato,
che si lassa morir per sua credanza.
Ben este affanno dilittoso amare,
e dolze pena ben si pò chiamare; 10
ma voi, madonna, de la mia travaglia,
ca sì mi squaglia, - prenda voi merzide,
che ben è dolze mal, se no m'auzide.

Oi dolze ciera co sguardo soavi,
più bella d'altra che sia in vostra terra, 15
trajete lo meo core ormai di guerra,
che per voi erra - e gran trataglia nd' avi:
ca si gran travi - poco ferro serra,
e poca pioggia grande vento aterra,
però, madonna, non vi 'ncresca gravi, 20
s'Amor vi sforza, c'ogni cosa inserra;
chè certa no gli è troppo disinore
quand'omo è vinto da un suo megliore,
e tanto più da Amor che vince tutto.
Però non dutto - c'Amor non vi dismova 25
saggio guerreri vince guerra e prova.

Non dico c'a la vostra gran belleza
orgoglio non convegna e stiavi beni,
c'a bella donna orgoglio ben conveni,
che si manteni - in pregio ed in grandeza. 30
Troppa altereza - è quella che sconveni;
di grande orgoglio mai ben non aveni.
Però, madonna, la vostra dureza
convertasi in pietanza e si rinfreni;
non si distenda tanto ch'io ne pera. 35
Lo sole è alto, si face lumera,
e via più quanto 'n altura pare:
vostro orgogliare, - per zo, e vostra alteze
facami pro' e tornimi in dolceze.

E' allumo dentro e sforzo in far semblanza 40
di non mostrar zo che lo meo cor senti.
Oi quant'è dura pena al cor dolenti
stare tacenti - e non far dimostranza!
Chè la pesanza - a la ciera consenti,
e fanno vista di lor portamenti, 45
cosi son volentieri 'n acordanza,
la cera co lo core insembramenti.
Forza di senno è quella che soverchia
ardir di core, asconde ed incoverchia.
Ben è gran senno, chi lo pote fare, 50
saver celare - ed essere segnore
de lo suo core quand'este 'n errore.

Amor fa disviare li più saggi,
e chi più ama a pena à in sè misura;
più folle è quello che più si 'nnamura. 55
Amor non cura - di far suoi dannaggi,
ca li coraggi - mette in tal calura,
che non pò rifreddare per freddura.
Gli occhi a lo core sono li messaggi
de' lor cominciamenti per natura. 60
Dunque, madonna, gli occhi e lo meo core
avete in vostra man dentro e di fore,
ch'Amor mi sbatte e smena che no abento,
sì come vento - smena nave in onda.
Voi siete meo pennel che non affonda. 65



Ancor che l'aigua per lo foco lassi

Ancor che l'aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura
non cangeria natura
s'alcun vasello in mezzo non vi stassi;
anzi averria senza lunga dimura 5
che lo foco astutassi,
o che l'aigua seccassi;
ma per lo mezzo l'uno e l'autra dura.
Cusì, gentil criatura,
in me à mostrato Amore 10
l'ardente suo valore:
che senza Amore er'aigua fredda e ghiaccia,
ma Amor m'à sì allumato
di foco che m'abraccia,
ch'eo fora consumato, 15
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana
infra l'Amore e meve,
ca fa lo foco nascere di neve.

Immagine di neve si pò diri 20
omo che no à sentore
d'amoroso calore:
ancor sia vivo, non si sa sbaudiri.
Amore è uno spirito d'ardore,
che non si pò vediri, 25
ma sol per li sospiri
si fa sentire in quello ch'è amadore.
Cusì, donna d'aunore,
lo meo gran sospirare
vi por[r]ia certa fare 30
de l'amorosa flamma, und'eo so involto;
e non so com'eo duro,
sì m'ave preso e tolto;
ma parm' esser siguro
che molti altri amanti, 35
per amor tutti quanti,
funo perduti a morti,
che non amaro quant'eo, nè sì forti.

Eo v'amo tanto, che mille fiate
in un'or mi s'arranca 40
lo spirito che manca,
pensando, donna, la vostra beltate.
E lo disio c'ò lo cor m'abranca,
crescemi volontate,
mettemi 'n tempestate 45
ogni penseri, chè mai non si stanca.
O colorita e blanca
gioia, de lo meo bene
speranza mi mantene;
e s'eo languisco non posso morire, 50
ca, mentre viva sete,
eo non por[r]ia fallire,
ancor che fame e sete
lo corpo meo tormenti;
ma, sol ch'eo tegna menti 55
vostra gaia persona,
obbrio la morte, tal forza mi dona.

Eo non credo sia quel[lo] ch'avia,
lo spirito che porto,
ched eo fora già morto, 60
tant'ò passato male tuttavia;
lo spirito chi aggio, und'eo mi sporto,
credo lo vostro sia,
che nel meo petto stia
e abiti con meco in gioi e diporto. 65
Or mi son bene accorto,
quando da voi mi venni,
che, quando mente tenni
vostro amoroso viso netto e chiaro,
li vostri occhi piagenti 70
allora m'addobraro,
che mi tennero menti
e diedermi nascoso
uno spirto amoroso,
ch'assai mi fa più amare 75
che no[n] amò null'altro, ciò mi pare.

La calamita, contano i saccenti
che trar[r]e non por[r]ia
lo ferro per maestria,
se no che l'aire in mezzo lu consenti; 80
ancor che calamita petra sia,
l'altre petre neenti
non son cusì potenti
a traier, perchè non n'àno bailìa.
Così, madonna mia, 85
l'Amor s'è apperceputo
che non m'avria potuto
traer a sè, se non fusse per vui.
E sì son donne assai,
m'àno nulla per cui 90
eo mi movesse mai,
se non per voi, piagente,
in cui è fermamente
la forza e la vertuti.
Addonque prego l'Amor che m'aiuti. 95





La mia gran pena e lo penoso affanno

La mia gran pena e lo gravoso af[f]anno,
c'ò lungiamente per amor patuto,
madonna lo m'à 'n gioia ritornato;
pensando l'avenente di mio danno,
in sua merze[de] m'ave riceputo 5
e lo sofrire mal m'à meritato:
ch'ella m'à dato - tanto bene avire,
che lo sofrire - molta malenanza
agi' ubriato, e vivo in allegranza.

Allegro son ca tale segnoria 10
agio acquistata, per mal soferire,
in quella che d'amar non vao cessando.
Certo a gran torto lo mal blasmeria,
chè per un male agio visto avenire
poco di bene andare amegliorando, 15
ed atardando - per molto adastiare
un grand'af[f]are - tornare a neiente.
Chi vole amar, dev' essere ubidente.

Ubidente son stato tut[t]avia,
ed ò servuto adesso co leanza 20
a la sovrana di conoscimento,
quella che lo meo core distringìa
ed ora in gioia d'amore mi 'navanza.
Soferendo agio avuto compimento,
e per un cento - m'ave più di savore 25
lo ben c'Amore - mi face sentire
per lo gran mal che m'à fatto sofrire.

Se madona m'à fatto sof[e]rire
per gioia d'amore avere compimento,
pene e travaglia ben m'à meritato; 30
poi ch'a lei piace, a me ben de' piacire,
che nd'agio avuto tanto valimento:
sovr'ogne amante m'ave più 'norato,
c'agio aquistato - d'amar la più sovrana:
chè, se Morgana - fosse infra la gente, 35
inver madonna non par[r]ia neiente.

Neiente vale amor sanza penare:
chi vole amar, conviene mal patire,
onde mille mercè n'agia lo male
che m'a[ve] fatto in tanto ben montare, 40
ch'io non agio infra la gente ardire
di dir la gioia ove il mi' core sale.
Or dunque vale - meglio poco avire,
che ben sentire - troppo a la stagione:
per troppo ben diventa omo fellone. 45


[continua...]
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"I always hope for the best. Experience, unfortunately, has taught me to expect the worst."
Elim Garak DS9

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