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FEDERICO POETA











Ci sono pervenute solo poche composizioni liriche attribuibili con certezza all’imperatore. Esse costituiscono delle vere e proprie esercitazioni di stile, artefatte e convenzionali, ispirate al mondo della cavalleria e della corte, anche se non sono confrontabili, per intensità poetica, al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, di poco precedente.

Legati alla lirica dei "trobadors", i suoi versi esaltano la bellezza femminile e lo struggimento d’amore con un linguaggio formale e aristocratico e sono dedicati a donne considerate importanti nella vita di Federico.

L’amore sincero per Bianca Lancia ispira le liriche "Poi che ti piace Amor" e "De la mia disianza":


Poi che ti piace Amor

Poi che ti piace Amor
faronde mia possanza
Dat’agio lo meo core
ch’eo degia trovare
ch’io vegna a compimento
in voi madonna, amare.



De la mia disianza

De la mia disianza
c’ò penato ad avire,
mi fa sbaldire
poi ch’ì n’ò ragione,
Ché m’à data fermanza
com’io possa compire
lu meu placire
senza ogne cagione,
a la stagione
ch’io l’averò ’n possanza.
Diviso m’à lo core
e lo corpo à’n balia;
tienmi e mi lia
forte incatenato.
La fiore d’ogne fiore
prego per cortesia,
che più non sia
lo suo detto fallato,
né disturbato
per inizadore,
né suo valore
non sia menovato
né rabassato
per altro amadore.
Sospiro e sto ’n racura;
c’io son sì disioso
e pauroso
mi fece penare.
Ma tanto m’asicura
lo suo viso amoroso,
e lo gioioso
riso e lo sguardare
e lo parlare
di quella criatura,
che per paura
mi face penare
e dimorare:
tant’è fine e pura.



Il poema d’amore "Oi lasso non pensai" è dedicato da Federico ad Anais, cugina dell’infelice sposa Jolanda di Brienne, della quale si era follemente invaghito al punto da definirla poeticamente "Fiore di Siria". I versi, quasi un lamento d’addio, mostrano un profondo sentimento accanto ad una buona qualità poetica.

Oi lasso non pensai

Oi lasso, non pensai si forte mi paresse
lo dipartire da madonna mia
da poi ch’io m’aloncai, ben paria ch’io morisse,
membrando di sua dolze compagnia;
e giammai tanta pena non durai
se non quando a la nave adimorai,
ed or mi credo morire ciertamente
se da lei no ritorno prestamente.
Canzonetta gioiosa, va a la fior di Soria,
a quella c’à in pregione lo mio core:
Dì a la più amorosa,
ca per sua cortesia
si rimembri de lo suo servidore,
quelli che per suo amore va penando
mentre non faccia tutto l suo comando;
e pregalami per la sua bontade
ch’ella mi degia tener lealtate.



Ancora a Federico è attribuita la composizione "Dolze meo drudo": un delizioso lamento composto in occasione di una partenza per la guerra.

Dolze mio drudo

Dolze meo drudo e vatene,
Meo Sere, a Deo t’accomanno.
Che ti diparti da mene
Et io tapina rimanno
........................
Membrando che ten vai
Lo cor mi mena gran guerra;
Di ciò che più disiai
Mi tolle lontana terra.
Ora sen va lo mio amore
C’io sovra gli altri l’amava;
Biasmomi de la Toscana
Che mi diparte lo core.


Misura, providenzia e meritanza



Misura, providenzia e meritanza

Misura, providenzia e meritanza

fanno esser l'uomo sagio e conoscente

e ogni nobiltà bon sen[n]'avanza

e ciascuna richeza fa prudente.

Nè di richeze aver grande abundanza

faria l'omo ch'è vile esser valente,

ma della ordinata costumanza

discende gentileza fra la gente.

Omo ch'è posto in alto signoragio

e in riccheze abunda, tosto scende,

credendo fermo stare in signoria.

Unde non salti troppo omo ch'è sagio,

per grande alteze che ventura prende,

ma tut[t]ora mantegna cortesia.


[Modificato da silvanapat 10/08/2007 15:12]
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Occhio per occhio....e il mondo diventa cieco (Gandhi)